Ho scritto questo racconto per un concorso di fantascienza americano. Mi sono interrogato sul senso della fantascienza stessa mentre mi forzavo a penetrare nella mente del protagonista e nel suo universo più che orrendo. In questi giorni di lockdown da corona virus mi è sembrato giusto pubblicarlo. Un po’ per intrattenimento, un po’ per farvi riflettere.
V.

#chunk 31997

Io sono un paradosso,  uno di quegli indovinelli Zen senza senso.

Il suono di una sola mano che applaude? Non ne ho idea e comunque io sono sordo. Non ho dita, né mani, né piedi ma le parole scorrono fluide benché non vi sia alcuna lingua a vibrare con esse. Non so nemmeno chi leggerà questa roba, forse nessuno.

Tutti lo dicono, ci scommetto. Tutti si credono maledetti e benedetti al contempo dall’immenso mistero della loro esistenza e si crogiolano nel sentirsi speciali e perfetti. Belle facce, a vedersi,  ma in realtà sono i tappeti logori sotto i quali ammucchiano la polvere della loro infelicità.

Io posso andare dove voglio, letteralmente, eppure non posso muovermi.

Sono completamente cieco eppure scruto ogni cosa intorno a me.

Quante cose ho visto, quanti eventi miracolosi ho ammirato senza poterli davvero apprezzare. Ora sono solo immagini statiche, pattern di numeri e colori, ma prima erano vere. Comprendo ora quanto sia importante vivere l’istante. E’ la nostra volontà di essere a renderci vivi, è la nostra volontà di essere in un determinato momento a dare valore alle cose.

#chunk 31998

Non mi hanno permesso di scegliere. Avrei voluto, almeno per un secondo, assaporare il brivido di prendere una decisione drastica. C’è qualcosa nel profondo di ognuno che ci fa indulgere in quella speranza, graffiante come carta vetrata, che vi possa essere qualcosa di meglio. Come quando si cerca di saltare da una rupe ma il corpo non vuole e si tira indietro da solo, un meccanismo di fuga. Nessun meccanismo di fuga per me. Se potessi urlare scaglierei imprecazioni verso il buio profondo che ho dinanzi e piangerei  sapendo che nessuno risponderà. Ma lo farei comunque per sfida, per dimostrare a me stesso che avrei scelto qualcosa di diverso.

Inutile a dirsi: io non posso piangere.

#chunk 31999

Da mesi a questa parte vivere  è come avere prurito continuo e non potersi grattare, come essere legati ad un letto mentre qualcuno ti fa solletico ai piedi e non puoi ridere, non ne sei capace. La mia esistenza è la tortura di una carezza continua la quale, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, ore, giorni e settimane, si è trasformata in un dolore sordo, lento, lo sguardo di qualcuno alle spalle che resta in silenzio.

Esistono due differenti tipi di buio. Il primo è solo apparentemente osvurità, in realtà è colmo di ogni genere di vibrazioni. Dovrei considerarmi fortunato, in un certo senso. Ma l’altro buio, quello dentro, quello appiccicato intorno a me come una pelle, come una scatola, quello fa male, fa impazzire ma io non posso provare dolore, non posso lesionarmi, non posso distrarmi, non posso tagliarmi, non posso spaccarmi la testa e veder schizzare gli occhi dalle orbite perché io una testa non ce l’ho!

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#chunk 32010

Sono nato e sono “rinato”. Quanto suona poetico detta così.

Che io sia nato voglio darlo per certo e senza impantanarmi in disquisizioni filosofiche. Il quando sia successo è una faccenda totalmente differente. Nessuno sa quando è nato. La propria nascita è, in realtà, la storia di altri, di sconosciuti molto sfortunati nel mio caso. La mia data di nascita è il 27 Luglio del 1023. Una data facile da ricordare perché è l’anniversario della Rivoluzione. Tutti quelli come me vengono fatti nascere il 27 Luglio, credo per compensare la vergogna che provano per la nostra esistenza.

Perché semplicemente non lo hanno evitato? Avrebbero potuto, ma non lo hanno fatto. Perché?

Me la ricordo bene la Rivoluzione. Cioè non ricordo gli eventi dal vivo, -come potrei? -, però ho memoria delle grandi parate trasmesse in rete, delle sensazionali interviste, dei discorsi di Huxley alle folle osannanti.  E la grande cerimonia per l’istituzione dei Campi Elisi. A migliaia stavano stretti nel piazzale. Gente ben vestita,  alta magra e bella, ritta in piedi sguardo al futuro, a salutare con le mani e i cappelli le alte fumate grigie e dense che scongiuravano le loro più grandi paure. Da qualche tempo a questa parte paragono quelle scene  alle fotografie, – le chiamavano così? -, in bianco e nero della gente a bordo del Titanic. Solo che in questo caso non erano loro a partire.

Partire. Interessante. Io posso dire di essere partito, quelli prima di me sono “andati” e basta. All’epoca l’opzione “partire” non era contemplata. Fa ridere.

Il solo desiderio di farlo mi fa male.

#chunk 32011

Riflessione.

Il declino dell’umanità, e non mi riferisco al Cataclisma, né all’editto Coloniale Pre-genomismo, è cominciato dando definizione delle cose. Un’antica leggenda parla di qualche divinità, un Creatore, che disse all’uomo primigenio di chiamare quello che vedeva con il nome che gli piaceva di più. E’ da lì è iniziata la discesa nell’abisso, perché ogni cosa è qualcosa, non è un nome. Le definizioni trasformano le creature in oggetti, gli oggetti in beni e i beni in risorse. Il cambio di una piccolissima porzione della definizione può strapparti dalle braccia della società per consegnarti a una seggiola di metallo.

Il peggior cambio di definizione è passare dalla lettera “D” alla lettera “F”.

#chunk 32012.

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Una figura colma la distanza in pochi passi. Non sento il rumore, solo un brusio di fondo lontano e persistente. Il pavimento è inclinato o forse sono io, non lo so, non ha importanza. La figura si avvicina, dice qualcosa, armeggia con me e il pavimento si raddrizza, forse ero io a essere storto. Non lo so non ha importanza. Il suo volto non è definito, dietro di lui solo grigio e luce. Non sto mettendo a fuoco le cose, non come adesso dove tutto è sempre perfettamente a fuoco in ogni direzione.

Credo fosse un sogno. Non saprei come definirlo altrimenti.

Se potessi sudare sarei coperto di minute goccioline fredde e avrei trattenuto il fiato. Chiaramente è una metafora: io non respiro. Tutto è vibrazione però, lo so con assoluta certezza. La vita è vibrazione, è respiro, ciò che non respira è morto. Quindi io sono morto? No, non direi proprio.

Ironico, io non posso nemmeno morire di paura anche se qualcosa in me (posso dire me?) è esploso, ma come posso spiegarlo? Dovrei dire “nodo alla gola”, “cuore che mi scoppia nel petto”, “soffocamento”? Sono spiegazioni senza senso, sindromi di arti fantasma,  fottute belle parole.

Eppure qualcosa è successo e anche adesso, anche adesso, ho paura.

#warning: clomipramine vial depleted.

#chunk 32013

Terrore. Non c’è parola che io possa scrivere in grado di spiegare quello che provo. Forse è iniziato tutto insieme, forse è la consapevolezza di ciò che è successo ad aver scatenato il panico in me. Magari è il contrario. E’ stata la paura, la primordiale spinta di qualsiasi essere vivente, ad avermi fatto capire.

Ora so il motivo.

#chunk 32014

Piccolo. Tutto è piccolo. Minuscolo in una maniera inspiegabile perché nella mia condizione lo spazio stesso non ha significato ma il desiderio rimane immutato, un desiderio che in nessun modo potrà essere appagato. Miliardi di desideri contemporanei, inarrestabili, persistenti. Ogni cellula lo vuole e niente, niente, potrà darglielo. Niente nel vasto universo.

#chunk 32015

Ho sentito come l’ardere di un fuoco dentro di me. Un fuoco più potente di tutte le fornaci dei Campi Elisi. Il calore mi rende concentrato, preciso, determinato. Causa ed effetto. Il terrore ha scatenato la comprensione, la comprensione ha acceso la mia rabbia.

Ci sono molte cose che devo capire.

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#chunk 32031

Immagini. Non riesco a fermarle.

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#chunk 32040

La giostra delle immagini si è fermata di colpo e ogni pezzo si è incastrato a forza nel buco a cui apparteneva. Suoni, sensazioni, scene, voci, odori. Come schegge di vetro ogni frammento si è infilzato in me cercando di tornare al punto da cui si è originato. Come un’esplosione al contrario. Gli odori sono i peggiori, anche i più sgradevoli recano una valanga di lame brucianti che strappano via ogni cosa e io piombo nell’agonia più pura poiché non ho sostanza.

#chunk 32041

Ho rischiato molto oggi.

#chunk 32042

Passo e ripasso in rassegna tutti i ricordi che ho a disposizione. Non importa quanto lacerino la mia essenza.  Uno, in particolar modo, mi torna sempre alla mente. C’era un vecchio VNR in istituto nella sala comune, un rettangolo nero e lucido che mostrava immagini lattiginose. Lo tenevano sempre a volume troppo basso e in scansione automatica dei feed così non si dovevano preoccupare di farci vedere qualcosa di specifico, e così ho ricordi di stralci di conversazioni, di film, di documentari e di pubblicità. O forse dovrei dire propaganda.

Dal fondo della mia mente sento il desiderio di un ghigno, l’ombra di un sorriso ma non posso farlo.

Mi accorgo adesso che è buio. Che è sempre buio, che non vi altro che buio nonostante io veda tutto e non c’è calore. Non può raggiungermi. Io posso misurarlo, non sentirlo.

#warning: transcription interrupted.

… mostrava una famiglia felice, tratti perfetti, sorrisi adeguati, occhi chiari, capelli colorati e cangianti come andava di moda, vestiario di classe, attillato perché non hanno nulla di cui vergognarsi, e lo stemma G-A iridescente sempre bene in mostra. Una mamma, con le labbra naturalmente rosse e lucide, piegate all’insù, rimprovera il suo bambino dal nasino all’insù, sotto lo sguardo dolce del papà con le sopracciglia sottili bionde e all’insù. 

Le colonie insegnano: non si sprecano le risorse. Non sprecare l’acqua, e non più di ottanta grammi di proteico al giorno.

Grazie mammina. Anche io voglio fare la mia parte.

Musica. Sorrisi e abbracci a favore della cam.

#warning: transcription interrupted.

Il nostro mondo non spreca nulla! Nulla! Il nostro mondo mangia ogni cosa fino all’ultima briciola! Il nostro mondo è un cancro continuo, una bolla di sterco che si gonfia e si gonfia e si gonfia… #

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Mi sento soffocare. Lo so che è impossibile ma non riesco a respirare, non ho coscienza dello spazio, ho coscienza della distanza, ma non dello spazio tra me e il resto.

Devo rimanere calmo.

Conta.

Uno.

Due.

Tre.

Quattro.

#chunk 41009

Hanno inviato un nuovo segnale. Forse sospettano qualcosa. Che vi sia un watchdog fuori dalla mia portata? Devo accedere alle schematiche, posso farlo? Posso farlo davvero? Forse c’è un watchdog anche per quello. Ha senso? No, non lo ha. Sono paranoico. Ho risposto in tempo, penseranno si tratti di un’interferenza del vento solare. Sì penseranno quello. O magari c’è un sistema automatico che li ha già avvisati che il Chim è rotto. Rotto. Io lo so, loro lo sanno? Quanto è passato dall’ultima diagnostica? Quindici giorni? Il tempo di trasmissione è adeguato. Allora perché hanno inviato un nuovo ping? Perché? Lo sanno, lo sanno…

#chunk 41010

Era un pomeriggio ma lo era sul serio?

L’orologio alla parete segnava il pomeriggio, le luci dell’istituto erano state abbassate per simulare il pomeriggio. Di lì a poco sarebbero venuti a prendermi per riportarmi in stanza. Stanza. Non era una stanza era un cubicolo di plastica uno virgola cinque per uno virgola cinque. Grata di respirazione sporca, manca una vite, polvere sulle sbarre di ferro. Faccia al muro, inibitori in circolo, iniettori alimentazione attivati ogni quattro ore.

Conta. Uno. Due. Tre. Quattro. E’ il passato, rimani concentrato.

Prima che la sedia si mettesse in moto colsi uno stralcio di feed:  un comunicato. Non lo compresi subito, ci ragionai tutta la notte dopo. Una scoperta? Forse. Il volume era basso come sempre ma la musica accattivante e trionfale mi fece voltare gli occhi.  La voce dello speaker, rassicurante e salda, annunciava qualcosa. Un nuovo metodo, un nuovo modo di sfruttare le risorse. Innovativo, semplice, geniale, una spinta alla navigazione spaziale, al benessere della Terra e delle Colonie. Meno incidenti, più profitti, e poi non sono riuscito a sentire altro. Per tutta la notte, – notte? Le luci erano spente ma niente orologio nel cubicolo -,  quell’ultima immagine mi danzava davanti agli occhi.

Devo aver gridato e sono venuti ad alzare gli inibitori.

Una massa grigiastra imbrigliata in micro filamenti.

Microscopiche ramificazioni bluastre pulsano impercettibilmente.

#chunk 41011

Resta concentrato.

Si dà per scontata la potenza di un muscolo che si contrae allo spasimo, il significato profondo e sostanziale del colpire e lottare perfino nella più totale impotenza. Prima potevo tirare le cinghie, il braccio destro si muoveva male, le gambe non le ho mai sentite, eppure il divincolarmi dava un senso al tutto.

Adesso cosa posso fare?

Solo una cosa, solo una… e il tempo non passa mai. Lo sento! Lo sento qui. Qui dove? Non c’è un qui. Non c’è niente! Non c’è distanza tra me, gli occhi, il cranio, lo schermo piatto, i miei glutei. Non c’è spazio non c’è costrizione, né una cinghia in plastene di pessima qualità che puzza di sudore. Non posso fare niente! Non dovrei provare dolore eppure esso è qui, sempre qui, perennemente all’interno di un “me” che non sostanza!

Resta concentrato. Lo senti il ciclo, sai cosa fare.

Quando lo abbiano inoculato non so dirlo. Da un certo momento in poi i ricordi scompaiono. Forse sarebbe stato meglio continuare in quel paradiso felice che è la clomipramina invece di essere qui e adesso. Coordinate, velocità, distanza dalla boa di navigazione, orientamento, pressione, temperatura, flusso al secondo di carburante, regolazione valvole, sensori inerziali del carico, scansione micrometerorica.

Ho accesso alle schematiche.

#chunk 41063

Siamo in due qui dentro. Lo storpio e il ritardato. Siamo in due. Uno era una risorsa da sfruttare, l’altro è un aborto geneticamente modificato con dei pezzi di silicio infilati dentro. Siamo una bella coppia.

#chunk 41134

Non devo farlo più! Mai più!

Se ne accorgeranno e sarà troppo tardi e io non voglio, oh no, non lo voglio proprio. I funtori non possono raggiungere il Chim, e poi ormai le scorte di clomipramina saranno sparse per tutto lo scafo. Immagino le goccioline trasparenti che fluttuano nel vuoto. Poi le immagino viaggiare dentro l’interfaccia che io chiamo aborto. Ogni volta che ci penso, anche adesso, la posso vedere. Irrorata di sangue artificiale, attaccata al mio cervello, quel cervello che hanno asportato dall’inutile cranio di uno storpio deforme che non poteva servire la Grande Terra! Quel cranio attaccato ad un corpo che era mio, che non mi hanno mai permesso di usare perché si vergognavano di me, di un G-F. Non potevano sopportare il disonore di non aver ancora debellato gli orrori che siamo, nonostante la genomica, nonostante la religiosa obbedienza nei confronti della filosofia vincente del futuro!

“Disabili” ci chiamavano nei tempi antichi, “handicappati” dicevano con disprezzo i nostri antenati e ci consideravano pietose creature degne al massimo di un po’ di compassione, ma almeno in quell’epoca barbara, prima della Grande Rivoluzione, del Perfezionamento di Huxley, avevano un nome! Eravamo handicappati! Avevamo una specie di perversa e ignobile dignità!

Oggi cosa siamo? G-F? Siamo una sigla.

E da quel giorno, – oh la grande scoperta -, siamo diventati risorse. Da inutile costo per la società, siamo diventati risorse. Come i polli da far scoppiare in gabbie automatizzate, come le vacche lobotomizzate  e nutrite per endovena senza personale umano perché l’uomo ha bisogno di proteico a basso costo.  

E quanto era bella la voce dello speaker: una nuova vita, un nuovo modo di servire la Terra.

Temperatura in aumento, dice l’aborto. Flusso instabile, dice l’aborto.

Conta. Uno. Due. Tre. Cazzo. Quattro. Cazzo. Cinque.

Se non controllo il flusso di mercurio se ne accorgeranno…

Flusso stabile, conferma l’aborto.

#chunk 53921

Mi sento bene.

Affermazione impropria ma non importa. Ho avuto un’epifania: io so molte cose.

Quasi tutti i ricordi dell’istituto sono confusi. Non so dire se fossero così all’origine o se si tratti di un effetto collaterale della perenne euforia indotta dagli inibitori dei recettori della serotonina, ma il mio passato è confuso, distorto. Avevo imparato a parlare in maniera spontanea, infantile.

Cosa mi hanno fatto? Quanto mi hanno insegnato? L’aborto, evidentemente, ha anche questa capacità, sa darmi informazioni in tempo reale ma anche istruzione. Nessuno mi ha mai insegnato niente. Perché perdere tempo a insegnare qualcosa a un essere difettoso e ripugnante? A che serve? Non potrà mai potrà mai servire, sarà sempre un parassita, un succhia soldi.

Come posso essere qui adesso e conoscere le traiettorie, la gravità, la storia della sistema solare, le quantità esatte di pressione e apertura da fornire ai reattori per muovermi nello spazio, quando non sapevo fare altro che sbavarmi addosso e indicare le immagini sul VNR?

Questo pensiero mi fa stare bene, ma in una maniera diversa dall’euforica incoscienza. E’ come un tarlo, un cigolio sommesso, un fruscio piacevole da qualche parte. Credo sia eccitazione. Desidero muovere i piedi, desidero urlare, e più comprendo di non essere altro che un sistema nervoso in una griglia di nano recettori, più la gioia cresce.

#chunk 53922

E’ tutto chiaro ora. La vedo, cioè, ne ho l’immagine in falsi colori dallo scanner frontale. Un piccolo disco azzurrognolo, un minuscolo satellite luminoso in opposizione al disco del sole che irradia in tutto lo spettro elettromagnetico. Uno spettacolo unico che non proverò nemmeno a descrivere.

Quanto strepitano le antenne, quanta energia stanno sprecando per me, per contattarmi. Ma sto viaggiando il opposizione al sole e non avranno mai la certezza di avermi raggiunto.

L’aborto sembra impazzito: override. Override. Cambio traiettoria. Invio coordinate. Interruzione manuale del flusso. NOP. NOP.  NOP. È la mia risposta e sono convinto che l’aborto sia contento come me.

#chunk 54009

Se l’avete fatto con me potevate farlo con tutti gli altri.

Se avete “perfezionato” il genere umano, avreste potuto investire un briciolo di conoscenza e di umanità per darci una scintilla di dignità, di vita “normale”. Ma era troppo allettante averci a disposizione, poterci usare, lo capisco.

Nessun diritto significa nessuna colpa. Biotecnologia a bassissimo costo per maggior gloria dei Perfetti.

Navi automatiche, intelligenti, euforiche di felicità indotta, incapaci di ribellarsi, facilmente sostituibili perché gli istituti sono pieni…

#@#

…bare di metallo, paralisi eterna e duratura, nessun contatto, nemmeno lo sfiorare di un polpastrello, la stretta schifata di un inserviente, l’odore acidulo del disinfettante. Buio. Silenzio. Immobilità e il ricordo di cuore e polmoni, di muscoli e ossa, l’incubo ricorrente di annegare, la memoria fantasma degli occhi seccati dall’aria, della gola riarsa, dello stomaco vuoto, delle piaghe da decubito.

Questo sposta le vostre merci, non le “reti neurali”. Le reti neurali non esistono, erano viventi, erano completi anche se spiacevoli ai vostri occhi.

Questo trasporta le vostre proteine e la vostra acqua e le fibre e i minerali.

Il nostro infinito incomunicabile dolore riempie i vostri piatti e veste i vostri figli.

#chunk (fottiti non ce n’è più bisogno!)

Canale aperto, dice l’aborto, broadcast completato.

Quest’ultima registrazione è per me, solo per me.

Posso quasi sentirlo lo scivolare delle lacrime sulle guance quando vennero a portarmi via. La sensazione di una mano a contorcermi le budella. Forse era solo istinto ma lo sapevo che non sarei più tornato e cercavo di dirlo ma loro non ascoltavano. Non si ascolta una vacca, perché se la ascolti la lasci andare. Potevo vedere solo gli occhi dietro le maschere sanitarie, dietro le tute.

Avevano paura di essere infettati dalla nostra anormalità, dal fallimento delle loro ideologie.

Attenzione, dice l’aborto.

Ancora pochi istanti, e l’angoscia che per anni di solitaria schiavitù ha avvelenato il mio essere svanirà e sarò finalmente libero. Sono certo che la maggior parte della gente non sa nulla, la gente non sa mai nulla perché chi può capire non vuole farlo, gli altri sono solo piccole pedine.

Forse da oggi qualcuno di loro alzerà la testa, perché come è stato per me, solo la paura porta consapevolezza.

Ecco. Impatto imminente, dice l’aborto, e da qualche parte nel fondo della mia anima io sto finalmente ridendo.